SCHEDA ESCURSIONE
- N.B.: i tempi indicati si intendono al netto delle soste, e grossomodo corrispondenti a quelli di un camminatore medio, ovvero circa 1h per 300/350 mt. di dislivello in salita e per 500 mt. di dislivello in discesa, sempre grossomodo, ‘chè ognun* fa poi i conti coi propri.
- CARTOGRAFIA: Ho utilizzato la Carta dei Sentieri”Gran Sasso-Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga” , scala 1:25.000 della “S.E.R., Società Editrice Ricerche”
- SPAZI e TEMPI: Osservatorio Campo Imperatore 2130 mt.- sentiero 100-Rifugio Duca degli Abruzzi 2388 mt.(0.45 h); sentiero 100-Pizzo Cefalone 2533 mt. (1.45 h); sentiero 147-Sella dei Grilli 2220 mt. (0.50 h); sentiero 101-Capanne 1957 mt. (1 h); sentiero 102-La Portella 2260 mt. (1 h); sentiero 102-Passo del Lupo 2147 mt.-bretella sentiero 100-Osservatorio Campo Imperatore 2130 mt. (0.40 h) TOTALE TEMPI: 6h. circa
- DISLIVELLI: salita 700 mt. circa, discesa 600 mt. circa;
- PUNTI D’APPOGGIO Rifugio Duca degli Abruzzi, tel 0862/1956147, http://www.rifugioducadegliabruzzi.it
- DIFFICOLTA’: EE (per escursionisti esperti); passi di I grado
- Caratteristiche: Come da titolo, bellissimo cammino allo scoperto su pascoli acclivi, creste rocciose, crinali glabri di sassi, zolle di gramigna e roccette, ghiaioni e rampe detritiche, fioriture multicolori, ungulati, vento e panorami amplissimi, tanta beata solitudine. Dal piazzale dell’osservatorio di Campo Imperatore si sale su buon sentiero zigzagante al Rifugio Duca degli Abruzzi, da cui ancora su largo pestato si segue il crinale che conduce in cima al Monte Portella e lo discende all’omonimo intaglio; si traversa il ripido erboso versante meridionale di Pizzo Cefalone fino ad attaccarne la cuspide sommitale, che si raggiunge per tracce zigzaganti, canalini e facili roccette . La discesa per la cresta Nord richiede più attenzione e passo sicuro, svolgendosi per tracce poco segnalate su ghiaia, cenge brecciose, gradoni e canalini che richiedono l’uso delle mani, benchè i passi di roccia non superino il I grado e il tutto si svolga in esposizione molto scarsa, pressochè nulla. Arrivati a Sella Cefalone terminano le difficoltà e da lì fino a Sella dei Grilli e per la restante parte dell’escursione il percorso si snoda su buon terreno fra pascoli, ghiaioni e comodi crinali. Il dislivello complessivo e la lunghezza dell’anello rendono la gita faticosa e a suo modo impegnativa, non già per le difficoltà tecniche quanto per lo stato precario delle indicazioni che a partire dalla cima di Pizzo Cefalone si presentano discontinue, sbiadite e talvolta del tutto assenti, condizioni che richiedono un buon colpo d’occhio per i passaggi migliori e un discreto senso dell’orientamento, naturale e cartografico. I punti di riferimento sono sempre evidenti (a seconda dell’occhio che li scruta) ma gli spazi sono grandi e il terreno molto vario. Ovvero è bello perdersi quando poi ci si ritrova. La faccenda però può amplificare la magnifica sensazione d’isolamento nel remoto spettacolare cuore degli Appennini, e far godere appieno del carattere selvaggio e maestoso di questi monti sorprendenti con un pizzico d’avventura in più. L’acqua la si trova soltanto presso il Rifugio Duca degli Abruzzi e a Campo Imperatore quindi occhio, fatene buona scorta.
Primi d’agosto, anno 2011 D.C.
…..perchè avevamo in cantiere un bel trek sulle Dolomiti dopo l’entusiasmante galeotta cavalcata della Translagorai l’anno prima; solo che sono arrivati Stripy e Lola (all’anagrafe Lolafalana)
nemmeno svezzati,’sicchè abbiamo ripiegato su ‘na settimana in appartamento coi cuccioli da gustarci. Sulle Dolomiti dava brutto e pieno, quindi ci è toccato ripiegare sul Gran Sasso de l’Appennini, che fino allora vedevamo giganteggiare lontano le volte che capitava di scorrere il tratto abruzzese dell’autostrada A14. Invero, “ripiego” non è il motto giusto per descrivere un piano B attuato in territori che per bellezza d’ambienti e peculiarità possono serenamente sfidare comprensori montani alpini più blasonati e meglio conosciuti. Abbiamo trovato un appartamento carino nel cuore di S.Stefano di Sessanio, delizioso paesello arroccato, un vico di pasta medievale poco lontano dagli acrocori di Campo Imperatore. Nel primo scatto di sequenza il nostro terrazzino raffrescato all’ombra dell’arbore, nei seguenti altre immagini del borgo….
….Imperocchè il tema è altro, vi risparmio relazioni sui profumi di fiori e soffritti che rallegravano l’aria e sulle cataste d’arrosticini assimilate con Gricia presso le deliziose bettole locali. Provare per credere. L’idea era quella di trascorrere una settimana in letizia compiendo escursioni e ascensioni a cime satelliti del Corno Grande per salirlo da ultimo dopo propedeutica, avventurandosi per terreni e lande a noi poco noti. E così abbiam fatto, profittando della stanzialità per soddisfare il comodo e l’uzzolo per i favolosi micetti; una vacanzella per così dire in famiglia, che ci siamo di fatto goduti a fondo. Prima di restituir la prosa del primo giro vi pongo altri scatti della bellissima e accosta (pochi km) Rocca Calascio, celebre location del fantasy film “Ladyhawke”, protagonisti una sem’impùbera Michelle Pfeiffer e un corrusco Rutger Hauer. Il posto sa d’incantagione, e la brezza porta seco spesso l’effluvio di fiori e cacio, meraviglioso….
….Diverse prospettive del diruto maniero…
….E del suo interno verso l’esterno, col Monte Camicia che s’incornicia……
..E sempre dalla rocca, uno sguardo verso Nordeste, con le zinne sdrajate delle prime falde di Campo Imperatore; sullo sfondo il gigantesco Corno Grande, tetto della Penisola, ci aspetta ancora un pajo di giorni fumando tranquillo…
..Proviamo a completare mezzo giro d’orizzonte con il Monte Prena e il Camicia a Levante…..
….E chiudiamo con un controsole vespertino…
Ora interrompiamo lo spot promozionale non prima di consigliare una visita al delizioso borgo sottostante, ovvero Calascio….
Il dì seguente al nostro arrivo partiamo automuniti alla volta di Campo Imperatore per il primo giro esplorativo/propedeutico: l’ascensione di Pizzo Cefalone (2533 mt.) lungo la via normale, la sua discesa lungo la cresta Nord e la chiusura dell’anello passando per Sella dei Grilli e il Passo del Lupo. Campo Imperatore è luogo d’onirica psichedelìa verzicante. Location per antonomasia degli Spaghetti Western (vedi “Lo chiamavano Trinità”), è un acrocoro di pascolame che si perde all’orizzonte, una steppa brulla e ricca di zolle succulente circondata da quinte rocciose, argìllici sproni di foggia lunare e pingui gobbe d’erbaroccia. Siamo in un emisfero altro, ma è il cuore d’Ausonia (il nome più arcano e antico per mentovare la Penisola) che pulsa piatto in grembo a verdi mammelle ubertose di ere geologiche. Ospita poche laconiche stamberghe di pastori, armenti d’ovino ceppo e bovino perlopiù pezzato, una pozza d’acqua che per questi fa d’abbeveratojo. Una sola carreggiata stretta ma di buon bitume lo segna per lungo a tratti serpeggiandolo, e un’altra che questa incrocia lo stigma per largo sull’orlo a levante.
La bellezza del sito merita un piccolo portfolio a sè, con scatti ripresi da tempi e angoli differenti, esperiti nei giorni successivi percorrendo itinerari altri…Sempre in compagnia d’un’immacolata solitudine…
Veniamo all’escursione. Il dì seguente il nostro arrivo siamo partiti di mattino poco buono per via dello sforamento di coccole a Stripy e Lola. Automuniti abbiamo raggiunto l’albergo di Campo Imperatore, ecomostro deluxe, al tempo già dismesso e abbandonato alla sua mestizia, che vi risparmio. Ho preferito immortalarne le soleggiate contrade vicine, con il Corno Grande sullo sfondo a sbuffare di gigantismo…
Il sole viene più che andare, ma il cielo ospita torme di nembi cerulei che portano frescura. Parcheggiata l’auto raggiungiamo l’Osservatorio (2130 mt) e imbocchiamo la mulattiera che sale verso il già visibile Rifugio Duca degli Abruzzi; il segnavia che dobbiamo seguire è il 100, che divide questo tratto con il 101. Dopo un paio di curve il tratturo si fa sentiero, lascia il 101 al suo corso e impenna. Alla prima presa di fiato gustiamo il panorama dell’acrocoro da un pulpito sollevato
Questi è il Monte Brancastello (2385 mt) con la parrucca da cicisbeo; voglio adocchiarlo più avvicino..
Saliamo su buon sentiero di breccia e zolle, ‘sicchè meritiamo un terrazzo donde la profondità di Campo è tale vieppiù….
In tre quarti d’ora circa siamo al Rifugio Duca degli Abruzzi (2388 mt.), posto su poggio ameno, e la vista s’apre a Nordovest sul Pizzo d’Intermesoli (2635 mt.), regolare piramide a gradoni d’erbaroccia, e sul più remoto Monte Corvo (2623 mt.); al piano di sotto, conteso da ombra e luce, si distende l’acrocoro acclive di Campo Pericoli. Sul crinale il vento è sgarbato e mordace di freddo. Tutto Molto Bello.
Mentre a Nordest il Gran Sasso d’Italia, col guizzo di Corno Grande (2912 mt.) mostra il ceffo più dolce tra i suoi versanti…
Siamo soli, e il fatto è di per sè bastevole magia, ma i chiaroscuri e l’erbaroccia fanno incantagione. Ora inquadriamo la nostra meta, l’isolato svettante Pizzo Cefalone (2533 mt.) con tanto di bastoncini telescopici in primo piano..
Ci troviamo in cima al Monte Portella e dobbiamo saliscendere il glabro crinale fino alla base del castello di vetta del Cefalone, che si dovrebbe vincere lungo una traccia che va su per canalini e scaglioni con pochi passi di facile arrampicata; l’itinerario si può visualizzare grossomodo così..
Il sentiero asseconda le gnude cocuzze in piacevole pestato, talvolta traversandole in costa sottofilo. Il sole biscotta ma la brezza raggela e a scatti manrovescia. Ci piglia l’euforia da crinale, ‘chè a tratti il cammino breccioso si fa vieppiù aereo..
..Comunque i salti ‘mpraticabili vengono comodamente aggirati dalla traccia. Dopo una mezzorata di rifilo dei crinali la via rimonta l’ultimo poggio e si mette a tagliare il versante meridionale del Monte a mezzacosta, su pestato ancora scaglioso e comodo; il tratto è sereno ma qualche passo s’espone un poco su ripidi sdruccioli di zolle di cui non si vede’l fondo; meglio non esperire, quindi attenzione…
…La piana di Assergi riposa giù in basso…
…Manca poco all’attacco della piramide sommitale; ancora due passi a traversare con sollazzo i prati acclivi, mentre il sole va più che venire…
…Raggiunto l’ultimo intaglio prima del castello di vetta, uno sguardo a Nord e “Habemus Papam!” La soda fumata bianca che silenzia Val Maone e tampona gli anfratti del Corno Grande ci fa sentire sempre più soli..
..Le cinquanta sfumature di grigio dei cirronembi settentrionali ci danno qualche pensiero, mentre qui sul pendio rivolto a mezzodì siamo in modalità grill ventilato e il sentiero sfila sottopancia i lombi smagliati a calcarea pasta del Pizzo Cefalone….
Quinci la traccia attacca la cuspide incuneandosi ripida nel canale d’erbaroccia con strette serpentine; le segnalazioni in minio giallorosso abbondano evidenti…
L’acclivio impenna e si fa più aereo, poi la traccia deposita sull’ammezzato; si piglia fiato e si rimonta un gradone verticacello, pochi metri di rocce facili e appigliate coi passaggi sempre ben segnalati che portano al piano primo….…Dove una comoda cengia scagliosa consente di aggirare il secondo salto; il terreno è sì aereo, ma l’esposizione mite
Il tracciato prosegue mantendosi ora sul comodo filo, ora sottocresta in versante Sud. Diamo un’occhiata a Ponente verso il crestone di Malecoste fino al remoto Lago di Campotosto… Si pestano facili scaglioni….
….Fino a rimontare un secondo gradone in elementare arrampicata, con la Fra che jeratica m’indica la meglio via…
…’Sicchè rimane l’ultimo canalino breccioso che a sua volta invita ad usare le mani….
…Uno scatto della Fra dalla vetta verso il canalino che sto risalendo in grande stile; alla base della cuspide si notano due pellegrini, e in fondo Assergi…
Meritiamo quindi la cima. Dall’osservatorio abbiamo impiegato tre ore scarse ma lentopede; l’appicco finale domanda una mezzorata d’approssimare per eccesso. La vista è sontuosa e hullahoppa l’orizzonte celebrando i grigioverdi d’erbaroccia, mentre il vento boreale risconcia gli scalpi. Due croci son poste in vetta, ‘chè un ladrone s’è dato alla macchia portandola seco. Qui la prima che inquadra Pizzo d’Intermesoli fagocitato dai nembi a settentrione… …E la seconda, più massiccia, che veglia sulla piana d’Assergi ammiccando al cielo del Sud…
….Aggiungiamo uno scatto che ritrae Corno Grande e Corno Piccolo; l’immagine non è propriamente sul fuoco, ma qualcosa bolle comunque nel Calderone (il più meridionale e resistente ghiacciajo d’Europa, chiuso nel catino svaporante)
Dividiamo l’isolata sommità con un pellegrino manducante, ‘sicchè noi pure divoriamo il panino di vetta. Se ad arrivare in capo il percorso è fin troppo segnalato, quinci sbiadisce d’indicazioni. Noi dovremmo calarci lungo la cresta Nord, seguendo quello che sulla carta è il sentiero 147, ma le indicazioni numerate latitano al pari dei segni. Il terreno ad un monitoraggio sembra disagevole, accidentato e scapigliato di salti rocciosi impraticabili, penduli vieppiù sul vuoto di lugubri precipizi. Chiediamo ragguagli al compare di vetta, che laconico fa da eco alla mia considerazione aggiungendo però che, per quanto non ne abbia precisa contezza, gli pare che la traccia si tenga un po’sottocresta qui in versante Ovest; chiosando ci saluta e si cala donde siamo saliti. Indugiando un poco lungo la cresta invero adocchiamo dei pallidi bolli rossi discontinui che malguidano lungo la scarpata vespertina appena di qua del filo. Ci tranquillizziamo e risoluti riprendiamo il cammino, che s’è fatto tardi e altri pellegrini stanno giungendo in vetta. La traccia cattiva calca ora una cengetta brecciosa che in lieve discesa asseconda l’andamento di cresta a pochi passi dal filo; il terreno, in modesta esposizione sui cocci della scarpata, non è complicato ma richiede passo sicuro
Si perde ripidamente quota per frantumi appoggiati, saltini e cengette detritiche, badando ai pochi laschi segni sbiaditi e comunque scegliendo in loco i migliori passaggi di raccordo, poi tocca srampicare una paretina sempre ben appigliata che deposita nuovamente sul filo di cresta presso un pulpito panoramico; in quest’immagine il gradone appena disceso, e nello scatto successivo prodotto dalla Fra la medesma paretina meco al piano…
Rilassiamo le zampe un respiro e tosto ci accorgiamo di ristare a dondolo sul fulcro d’un mondo meraviglioso. Siamo soli e i soli che vediamo, mentre squarciano all’improvviso il silenzio i berci sibilanti dei Camosci Appenninici, squietati dalla nostra invadenza. Risponde solo il vento con raffiche ululanti e perentorie. Cerchiamo di scorgere i camossi, ma solo vediamo l’incantagione grigioverde che rattamente viene ghermita dal gravido bigiore dei nembi alla carica. Ora tutto è così selvaggio e sublime…
…Che anche la traccia pare volersi perdere nel vuoto….
…dal pulpito di un salto non praticabile in sicurezza; non è punto il caso. Cerchiamo indicazioni e passaggi, e tocca indugiare un poco; in fondo a questo buco in versante Est adocchiamo un segmento di sentiero che potrebbe essere il nostro di ritorno, una volta smontata la cresta…..
….Ma le tracce debbono giocoforza discalare il più appoggiato versante Ovest; perdiamo ancora tempo a captare bolli, ometti o qualsivoglia segno finchè il buon senso escursionistico c’induce a ponderare i meglio e più logici passaggi, ‘sicchè affacciamo sull’orlo di questo breccioso canale/camino e adocchiamo al suo interno sbiadite macchie rosse di vernice; questo è il cammino….
….Tocca perciò srampicare la fessura; la discesa, ripida benchè non strapiombante, è ostruita da massi ‘ncastrati che impediscono di vedere il fondo; si procede su terreno cedevole, talvolte convenientemente in opposizione, talaltre rasochiappe con buona pace della regola d’arte. La Fra scende, io aspetto all’imbocco per consentirle di terminare la progressione al sicuro dalle rolling stones, ma seppure ristando immobile riesco a farle ruzzolare addosso una gragnuola di ciottoli piccoli e molesti che le colpiscono un braccio. Paura e lievi escoriazioni, ma per fortuna gnente di grave…..
….Al pianoterra ella mi brontola e mi fotografa mentre scendo il secondo tratto in progressione consigliata, faccia alla parete, ottima per saggiare meglio appoggi e appigli..
..Discalato il segmento accidentato della cresta si cammina in lieve discesa e lungamente sul filo, ora comodo a guisa di crinale; lo scenario è sempre superbo mentre l’acqua bolle; dobbiamo sveltire il passo che a un dipresso, ben che vada, siamo avvolti nella bambagia rorida di bruma e addio visibilità; mal che vada siamo nel cuore d’un possibile temporale, sebbene i cumulnembi ancor non brontolino… Abbiamo lasciato la vetta da quaranta minuti e ora pestiamo i verdi coi grigi dei tratti rocciosi alle spalle. La nebbia ci viene incontro madida, giusto il tempo di volgere lo sguardo alle spalle per cogliere uno spaccco di mondo ancora limpido che inquadra grossomodo il percorso di smonta dal Pizzo Cefalone…..
Ecce Nebbia. Le spire ambiguano i profili e tradiscono le distanze, svaporano i riferimenti. Sùbiti squarci di nitore inquadrano fugacemente la mole piramidale del Pizzo d’Intermesoli a fronte; alla manca sei passi d’erba si perdono all’orizzonte ceruleo mai così accosto mentre a destra i passi sono quattro e saltano nel vuoto del precipite versante orientale, ora pieno di bianco. Traslucono a un tratto bolli di vernice giallorossa che si gettano nella scarpata di detto versante, ma si perdono tosto nel vacume dell’invisibile. Dovrebbe trattarsi della pista che da Sella Cefalone (ove supponiamo di ristare) conduce al fondo di Val Maone per risalire alla Portella, ovvero la curva più stretta dell’anello che avremmo inteso percorrere, ma pensiamo non sia cosa. Preferiamo indugiare sul crinale lungo un pestato sicuro ed evidente, che supponiamo con discreta convinzione e buona speranza conduca alla più discosta Sella dei Grilli, intaglio da cui dovrebbe scendere un buon sentiero che sì dilata il raggio dell’anello ma dovrebbe consentire un più certo e segnalato cammino. I camossi continuano a strillare le risposte all’ululato del vento rorido, e questo scambio di berci pare un lamento crucciato per la nostra benchè deferente presenza. L’incanto è a un tempo favolesco e inquietante, che m’aspetto solo un branco di lupi appetenti sfoltire i drappi di bruma per apparecchiarsi l’aperitivo. Quasi vien voglia di perdersi nell’incantagione, ma il rischio è di farlo invero ancor prima dell’uzzolo, ‘sicchè badiamo a sveltire il passo sperando di calcare presto la sospirata Sella. L’intuito c’ha detto bene, che dopo una ventina di minuti raminghi di nebbia ci siamo, e ce lo conferma uno sprazzo di limpido. Purtroppo per via della nebbia e della lieve prece non ho immortalato questa fase – anche perchè allora non intendevo raccogliere immagini per farne dei report escursionistici – ‘sicchè non ricordo francamente se a Sella dei Grilli (2220 mt.) vi fossero indicazioni precise (sicuramente in loco non v’era un segno che la certificasse come tale) ; ricordo solo che c’era un buon sentiero bollato di giallorosso (sulla carta il 101) che conduceva sul fondo di Val Maone e quinici allo snodo di sentieri evidenti per la chiusura dell’anello, faccenda peraltro confortata dalla ricomparsa dei punti di riferimento. Dall’ampio valico erboso, posto alle falde del Pizzo d’Intermesoli, ci siamo calati sul buon sentiero digradante a zigzag verso il solco di Val Maone, ora libero dalle fùmide spire..
..Ma per un breve lasso, ‘chè proprio all’importante crocicchio dei percorsi ripiomba il vacume più denso….
La conca, sebbene celata di bruma, è bellissima, fiorita e olezzante d’apestri aromi. Epperò Il conforto non è bastevole, ‘chè siamo stanchi e provati, sono le tre e mezzo pomeridiane, dobbiamo ancora saliscendere un calpestìo non corto in condizioni di fatica. Siamo in contrada Capanne (1957 mt.), ora dovremmo pigliare il sentiero 102 che sale al Passo della Portella calcato stamane, quinci insistere sul medesmo che taglia il crinale per scendere al Passo del Lupo, da lì prendere il sentiero 100 per fare asola e chiudere l’anello a Campo Imperatore. Ricordo indicazioni approssimative, insufficienti e ingannevoli; percezioni senz’altro distorte e rese acute dalla stanchezza. Ricordo anche un dolce bisticcio con la Fra sulla direzione da imboccare. Non bastasse la nebbia occulta birbona tutti i punti di riferimento. Siamo però ecursionisti collaudati, e risoluti pigliamo il sentiero che volge con decisione a Sud, ovvero il cardine che dobbiamo seguitare, benchè la visibilità frontale non superi la trentina di passi..
….Quasi un’ora di silenzioso e un po’ crucciato incedere lentopede in salita di nebbia, sentendo una fatica immonda, e trasluce l’intaglio di cresta…Speriamo quello giusto (lo fosse, sarebbe il Passo della Portella); quando la Fra nelle immagini perde la testa vuol dire che c’è Stanchezza..
….’Sì come c’è Stanchezza quando io giungo in forcella e mi si leggono i pensieri, ma vi censuro lo scatto. All’intaglio riconosciamo d’esserci passati stamane; la controprova ci viene dall’affaccio sull’opposto versante nonchè la segnaletica presente in loco, che certifica il nostro percorso a ritroso..
Siamo quindi al benedetto Passo della Portella (2260 mt.), si chiude il cerchio e guadagniamo serenità. Ora rimane il segmento dell’asola, che lungo il buon 102 a panoramico tratturo divalla verso Passo del Lupo, donde imboccheremo la bretella del sentiero 100 che ratta ci rimena a Campo Imperatore. Sono le quattro e mezza, il cielo si riapre mentre scendiamo e voltandoci di spalle salutiamo il nostro Pizzo Cefalone, salito le poche ore prima e ora stappato di nubi ad arieggiare…. ….Poi più discosto e cecato di luce…L’incantagione d’erbaroccia….
Poco dopo le cinque siamo all’osservatorio, che vi mostro quivi..
..E quinci rattamente all’auto. Sette ore di fiabesco vagolare nel mondo selvaggio e incantato dell’arcano Appennino, il cui cuore pulsa di solinga naturalezza. Un solo bipede incrociato, peraltro laconico, noi felici e talvolta quadrumani fra i camossi, il vento, i fiori e l’erbaroccia. Domani è un altro giorno e un altro giro di propedeutica per l’ascensione al Corno Grande, tetto della Penisola. Un ultimo doppio scatto all’Arcadia dell’acrocoro che sonnecchia nel vespero….
….E al nido, ‘chè Stripy e Lola ci aspettano in branda trepidanti….
Ciaw!
Yoyodel
MaGnifico!
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Sono capitato per caso su questo articolo mentre cercavo informazioni sulla Sella dei Grilli, ed è stata davvero una piacevole scoperta. Ho anche io un blog e sono un amante dell’Abruzzo e delle sue montagne ed è bello scoprire altri spazi in cui questa terra viene raccontata così bene, partendo dai suoi paesaggi. Complimenti davvero per l’escursione e la sua descrizione, chiara e precisa come poche.
Simone
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Ciao Simone,
mi fa molto piacere che tu abbia trovato l’articolo interessante, e vieppiù ti ringrazio per le belle parole del commento! Ora seguo il tuo blog, che a una prima consultazione mi piace già molto per lo stile e l’indirizzo estetico/tematico;
Grazie ancora, buone viandanze!
Valerio
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Complimenti,non avevo mai visto una escursione così dettagliata con foto bellissime
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Buondì Angelo, grazie per l’apprezzamento!
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