SCHEDA ESCURSIONE
Premessa
Nell’inverno 2014, sfogliando la monografia sulla Sardegna della bellissima rivista MERIDIANI MONTAGNE, sono rimasto incantato dalle immagini e stimolato dai temi relativi al Golfo di Orosei, e in particolare dall’area del Supramonte di Baunei. Il tekking SELVAGGIO BLU , il percorso escursionistico più impegnativo e selvaggio d’Europa che proprio colà si svolge, sarebbe stato troppo ostico per via del caldo e della difficoltà tecnica che oppone, con diverse calate in corda doppia a picco sul mare. Nondimeno, nell’anno in calce impazzava la voglia di pedalate, ‘sicchè abbiamo pensato di abbinare la passione per l’escursionismo pedestre all’uzzolo del biciclismo facendo vacanza su due ruote. Vieppiù, la voglia di mare sgomitava tra le istanze di pensar coi piedi di norma fra i monti. Ad agosto siamo usciti di casa a Bologna in bici, pigliammo treni regionali caricando il mezzo fino a Civitavecchia, quinci traghetto fino ad Arbatax sulla costa orientale sarda, a un dipresso dell’orlo sottano del Golfo di Orosei, col progetto di vagolare fra piedi e pedali nell’ambito del Supramonte di Baunei per qualche giorno, dacchè poi compiere la traversata ciclistica dell’isola fino alla costa occidentale. Fue una vacanza bellissima, con filigrane psichedeliche indimenticabili. Dicevamo i primi giorni li passammo ad esplorare a piedi l’ambito selvaggio dell’Altopiano di Golgo, calando a mare per gli arcaici sentieri di pastori e carbonai. Questo è il racconto di tre fra quelle meravigliose incursioni escursionistiche nella plaga in questione.
N.B.: i tempi indicati si intendono al netto delle soste, e grossomodo corrispondenti a quelli di un camminatore medio, ovvero circa 1h per 300/350 mt. di dislivello in salita e per 500 mt. di dislivello in discesa, sempre grossomodo, ‘chè ognun* fa poi i conti coi propri.
- CARTOGRAFIA: ho utilizzato la MAPPA DI SELVAGGIO BLU” di Mario Verin e Giulia Castelli, scala 1:15.000, edizioni Enrico Spanu
Caratteristiche: Siamo nell’ambito del SELVAGGIO BLU, considerato il trekking più impegnativo d’Europa, ‘sì come d’Europa la plaga in questione pare sia tra le più selvagge per scarsa densità antropica, morfologia del terreno e integrità naturale. L’Altopiano di Golgo giace poco sopra l’alpestre paese di Baunei (410 mt), solo piccolo centro abitato dell’area. l’acrocoro, difeso da fitti boschi di leccio, ginepro, tassi, olivastri e macchia mediterranea, è difeso a est da poderosi bastioni di croda calcarea che fanno un tuffo a piombo di oltre 800 metri nel mare più bello del mondo. La fauna selvatica comprende la più ampia declinazione dell’ambito mediterraneo tra cui spiccano mufloni, mille uccelli, gatti e majali selvatici. Il paesaggio, segnato pure da numerose testimonianze di cultura nuragica, offre scenari di lisergica Arcadia, esplodendo in meraviglia nei verticaci anfratti che tuffano a mare, quest’ultimo di una venustà cromatica senza pari. Nondimeno, l’arcaica cultura materiale ancora serve con efficienza e talvolta efficacia gli omeni che qui la usano e consumano per diverse istanze; carbonai e pastori hanno manufatto dei magnifici arditi scalinamenti sospesi in ginepro intrecciato (iscale ‘e fustes) per connettere sentieri ostacolati da sbalzi e pareti rocciose; ancora i pastori li usano, al pari dei radi escursionisti trasognanti come noi. Poi coili (ovili), taluni diruti talaltri perfettamente in uso e deliziosamente manutenuti, anche a fini promozionali della magica cultura gastronomica locale. Non si contano lieti esemplari di fauna domestica declinata in asinelli, ovini, giovenche vitelli giumente puledri e suini che serenamente passeggiano per quel fantastico ambulacro che possono chiamare casa. E il mare. Calarvi lungo gl’impervi e carbonari accessi pedestri è un’emozione forte d’escursionismo esplorativo. Peccato solo che in alta stagione approdino alle meravigliose calette gli enormi scafi che scaricano sacchi di turisti a scaglioni di centinaja, perlopiù ignari quest’ultimi degli ostici esoterici accessi via terra per i gioielli marittimi cui stanno approdando. Compiere l’escursioni oggetto di report in tarda primavera dev’essere incantagione pura. Per i pochi giorni di residenza sull’Altopiano abbiamo fatto base al fantastico presidio del RIFUGIO COOPERATIVA GOLORITZE’, struttura ricettiva di stampo agrituristico che offre cucina sublime, piacevoli alloggi e area campeggio, gestita con grande competenza e passione da uno staff di ragazz* del territorio, divulgatori di cultura escursionistica e guide alpine. Organizzano vieppiù escursioni guidate, trekking e arrampicate. Il nostro soggiorno presso il Rifugio è stato delizioso e indimenticabile. Due delle tre calate a mare proposte in questo report sono da non prendere sottogamba, poichè si svolgono in ambito selvaggio, su terreno accidentato, in contesto spesso aereo e per tracce talvolta incerte, benchè accessibili a ogni escursionista di bocca buona per via del terreno un poco disagevole, nondimeno per la fatica della risalita, e nel contempo di palato fino per la stupefacente bellezza degli stessi ambulacri, veri tesori per chi cerca un pizzico d’avventura in contesto selvaggio eppure tranquillamente sostenibile. Il tuffo in mare quando accaldati si perviene alle cale è impagabile. Dimenticavo di ricordare gli squisiti olezzi di verzura mediterranea, che inflatano l’aria e cifrano il titolo di questo racconto, delizia per le froge. A riscriverne mi viene l’uzzolo.
CONTESTO LOGISTICO
di seguito in link le indicazioni google maps per arrivare a BAUNEI, centro abitato di riferimento, e per l’ALTOPIANO DI GOLGO, area d’appoggio e svolgimento dell’escursioni
Punti d’appoggio: RIFUGIO COOPERATIVA GOLORITZE’ straconsigliato; cucina fantastica, camere con bagno, area attrezzata con posti tenda, piccoli bungalows, bagni e docce. Luogo incantevole.
IL PERIODO IN OGGETTO E’ AGOSTO, ANNO 2014 D.C.
CALA GOLORITZE’
Punto di partenza: Ristoro “Su Porteddu”, 410 mt.
Tempi: 1.15 ore circa la discesa, 2 ore circa la salita
Dislivelli: 450 mt circa discesa e salita;
Difficoltà: E (per escursionisti); facile camminata su buon sentiero; qualche tratto ghiajoso un poco sdrucciolevole e passaggi su campi solcati calcarei e detriti; non fatelo in ciabatte da mare o infradito. La risalita può essere faticosa dopo eventuali bagni di mare e sole. L”acqua non si concesse lungo il percorso, ‘chè in piena estate l’impluvio di Bacu Goloritzè l’era secco, e parmi che non vi fossero chioschi presso la Cala; fatene conto.
Quivi la mappa; in giallo il nostro percorso, anche laddove combaciante con il tracciato in rosso della cartina originale
‘Sicchè ancora frusti dalla pedalata percorriamo bicipedi a ritroso la carreggiata che solca l’altipiano di Golgo, e presto pigliamo a manca la deviazione per il Ristoro “Su Sterru” che raggiungiamo in breve. Area parcheggio gremita, molti pellegrini procinti a menare i passi lungo il sentiero per la celebre Cala, indicato da segnavia in pietra. Il primo tratto della via è in lieve salita, ‘chè tocca rimontare fino a un poggio panoramico. Il pestato è buono, benchè un poco scomodo per via del sedime irregolare di sassi. La traccia, sempre inequivocabile, solca un bosco di sugheri, lecci e ginepri arruffato di lentisco; la gloria della Macchia Mediterranea già quivi trionfa e ti fa ebbro di profumi. Risalita la china perveniamo a una larga sella panoramica; ecce lo mare costaggiù… Fa caldo. Tocca ora seguire la traccia che seprpiginosa smonta la costa e si caccia nell’impluvio secco del Bacu; tratti su terriccio adusto e scivoloso. Sbuca frattanto il pennacchio petroso di Punta Caroddi, sicuro punto di riferimento. C’è caligine…
Eccoci nell’impluvio umbrato, una mezzora scarsa dalla sella…
Via via che si cala, occhieggiano rupi e dirupi; in quella svetta Punta Salinas, mentre la plaga offre profumi d’acquolina e bizzarre fogge calcaree…
..per non parlar dell’innocente impudicizia di Punta Caroddi, ora più accosta…
La traccia ora si allarga sul sedime del Bacu, e lo asseconda pietrosamente dando lavoro ai calcagni. Per fortuna siamo in ombra. Quinci la Caroddi è bellissima, e presenta un calcare lèvigo ‘sì come granito…
Tosto affacciamo allo sbocco dirupato del Bacu, che casca in mare con uno sbalzo roccioso donde il Blu enfia la retina…
la traccia ora cala lungo il canalino sbrìciolo che solca la scarpata. Il cammino è reso agevole da comode scalinate in legno che menano in breve alla magnifica spiaggetta di Cala Goloritzè; poco più di un’ora di cammino dal trailhead. La spettacolare venustà della marina giustifica il fitto d’omeni. Allora io guato i profili montagnardi, ‘chè il canino acuminato di Caroddi mi scippa il terz’occhio controluce…
Dribbliamo bagnanti e posiamo la chiappe sulla testa piatta d’uno scoglio. Benchè affollato, il sito regala colori e forme succulenti di bellezza…
In bassa stagione, vieppiù in primavera l’incantagione franca d’omeni e scafi dev’essere magica…
Facciamo un bagnetto, consumiamo il panino e risaliamo per lo stesso itinerario; la canicola agostana morde i calcagni, la fatica della nottataccia in traghetto e il tratto di bici carica si fanno sentire; tuttavia s’apprezza la tormentata cotica basale di Punta Caroddi, qui presa da sgonfiarne lo slancio…
…e qui, con facezie di prospettiva, molla un bacetto fior di labbri alla tettoja calcarea…
Risaliamo l’impluvio sassuto del Bacu Golritzè in ambito suggestivo, profumato e selvatico…
…e vulnerati dal caldo rimontiamo la china, ove il sentiero torna pista stretta e spigolace di sasse. Un’imperita famigliola infradito che non vuol cedere il passo ai camminatori adeguati provoca una coda un poco tediosa e diversi malumori alla processione, con tanto d’innocue ma piccate schermaglie. Due ore molto scarse dopo aver lasciato la cala siamo alle bici. Rubiamo due scatti all’indomani; la plaga di Golgo è incantevole, arcadica, deliziosamente desolata; aleggia una miscellanea d’asino e finocchio selvatico, elicrisio e pulvire, pino e salsedine, iodio e ginestre vizze…
Un piccolo portfolio sulla chiesetta di San Pietro (sec. XVII); la scena evoca Leonine suggestioni, e tocca invocar Morricone mentre aspetto paziente che si concreti un triello fra Clint Eastwood, Lee van Cleef ed Eli Wallace. Le cicale, benchè poco attinenti, ci sono già e ci stanno benissimo…
Il cippo litico, menhir antropomorfo di età nuragica, che ama ristare di fronte al cancello…
la sera al rifugio Goloritzè sarà un frastuono di silenzio e stelle. Cena deliziosa, con indosso il pile, riposo eccellente.
CENGIA GIRADILI
Punto di partenza: Ristoro “Su Porteddu”, 410 mt.
Tempi: 1.15 ore circa la discesa, 2 ore circa la salita
Dislivelli: 650mt circa discesa e salita;
Difficoltà: E+ (per escursionisti, con levissime difficoltà maggiorate); splendido cammino panoramico che calca il sedime di una larga e comoda cengia; l’impegno resta d’ambito escursionistico, poichè il fondo che si pesta è sempre buono e molto spazioso (un sentiero che a tratti piglia la guisa di mulattiera) ; tuttavia il carattere dell’ambulacro, che si sviluppa costantemente sospeso a metà parete sul vuoto, in contesto che si mantiene aereo seppure tranquillamente discosto dal precipizio quindi in assenza d’esposizione diretta, potrebbe indurre qualche lieve disagio di carattere psicologico a chi è poco aduso ai cammini arditi. Questa, assieme alla faccenda per cui talvolta la traccia si fa confusa e può toccare d’interpretarla (benchè intuitivamente la direzione si mantenga obbligata ed inequivocabile), è la cagione per cui mi sento di connotare con il segno + il carattere tranquillamente escursionistico della passeggiata. Non essendovi segnavia o indicazioni, l’accesso alla cengia può risultare confuso e non immediato, ragione ulteriore della classificazione lievemente più impegnativa, che rende la Cengia Giradili un percorso d’escursionismo un poco “esoterico”. Occhio al caldo nella risalita, portare copricapo e abbondar di crema solare. L’acqua dolce fa la sua comparsa verso il mare, nell’impluvio di fiacca portata del Rio di s’Erriu Morto, quindi fatene scorta.
Quivi la mappa; in giallo il nostro percorso, anche laddove combaciante con il tracciato in rosso della cartina originale
Bella giornata, un po’ di caligine. Siamo in bicicletta, e per arrivare al trailhead ci tocca rimontare su due ruote la faticosa serie di tornanti che mena sull’orlo acclive dell’altipiano, circa 200 metri di dislivello positivo; bisogna metterlo in conto nell’impegno energetico complessivo. Eccoci al tornante pronunciato che ospita l’attacco; un grande cartello ligneo lo contrassegna, ‘chè per la Cengia si dee imboccare il tratturo che mena verso Punta Ginnirco; ve lo mostro con il mio cartonato pantocratore alfine di meglio farvelo imprimere… Sempre in bici seguiamo lungamente la sterrata; conviene tenere sempre la destra, soprattutto quando si perviene al vascone di raccolta dell’acqua; noi per errore pigliammo a sinistra e arrancando in salita finimmo presso un coile/fattoria meraviglioso, ma fuori strada. L’occasione fue buona per conoscere il simpatico pastore tenutario, che ci mostrò la bellezza della sua sontuosa bicocca; all’interno un profumo, una frescura, un lucore ed un lindore sorprendenti, deliziosi;
Quinci torniamo a un dipresso del vascone, pigliamo la carrareccia nel senso giusto (ovvero a destra immaginando di arrivarci dal punto di partenza). Muovendosi con l’automobile la si potrebbe lasciare a circa 2,5 km dal trailhead; noi siamo in bici e il percorso d’avvicinamento alla cengia si fa più lungo. A un certo punto stacca sulla destra una larga mulattiera, sbarrata da un cancello invero chiuso. Stando alle indicazioni dei pastori dovrebbe trattarsi del giusto imbocco, ‘sicchè manleviamo la chiusa e c’inoltriamo. Le sporadiche indicazioni rinvenute fra guide cartacee ed un poco in rete menzionano la comparsa di segni blu ed ometti petracei ad indicare il percorso del Selvaggio Blu; allora non mi cimentavo in relazioni escursionistiche, perciò non li fotografai e neppure li ricordo; fattostà che la via è quella giusta, e questa è la foggia che presenta; siamo nel vialetto d’accesso al Coile Us Piggius, punto di calata per la Cengia Giradili…
Il luogo è di grande suggestione arcadica; c’imbattiamo in queste simpatiche cucce in guisa di coile miniato, con tanto di rami di ginepro intrecciati a regola d’arte; i cagnoli ci fanno festa…
Ora spalanca una plaga mediterranea di bellezza da seccar le fauci; la verticacia calcarea di Punta Ginnircu e l’empireo di blu cielomare accendono il diagramma cartesiano naturale più inebriante, abbruscato da un sole voglioso d’imbiondire….
Quinci la traccia perde nettezza e va un po’ in confusione fra gli stabbi diruti, ma se ne intuisce lo sviluppo senz’indugi; ve ne fo un tracciato indicativo; il cammino par di quei cammini che mi mettono l’uzzolo euforico…
Scendiamo eccitati, e il prospetto pungola d’ ebbrezza…
…fino alla prima balconata di Blu e complementi; occhieggia tosto da basso il monolite di Pedra Longa; costaggiù dobbiamo arrivare; la venustà naturale mi scippa la favella…
la cengia sfila via meravigliosa, su comodo fondo a buone sasse in lieve scendisali con tendenza declive. I cespi di lentisco e i naneschi sugheri tarchiati olezzano di gioia mediterranea, che talvolta gode di vampe a elicrisio; trasecolo…
Capita che la via torni fra i ranghi per lasciare un poco il bordo…
..poi girato l’angolo ecce la deliziosa miniatura; una commovente porticciola d’arboscelli sdogana il tratto più spettacolare dell’arcaico camminamento di carbonaj…
..entriamo e dolcemente riaccostiamo la porta; quinci la viandanza è pura incantagione, o sogno tirrenico, se preferite. La via traversa in piena parete, secandola a mo’ di zoccolo mediano, e talvolta affacciando sul precipizio; tuttavia la bontà del pestato e lo spazio ambulatorio così capiente e capace contengono l’esposizione fino ad azzerarla qualora ci si mantenesse più a monte nell’incedere. E intanto la Meraviglia colma lo sguardo…
La piena solitudine che ci accompagna rende vieppiù saporosa di selvatico la faccenda, mentre ascisse di mare et ordinate di monte si fanno guardare dal cielo nel più bello degli ambulacri…
Chiedo scusa in anticipo per la tachenza degli scatti a medesmo soggetto; ve ne saranno altri, non temete…
Sasse, cespi, zaffi d’elicrisio e Mare glorioso. Pregiatevi delle ombrine sotto le barche…
Dopo una mezzorata di cammino declive in cengia perveniamo a un poggiolo panoramico (toh) cerchiato a pini e ginepri…
Nel blu dipinto di blu…
In quella il sentiero si discosta dalla parete per smontare serpiginoso lo sbalzo rocciuto che sostiene il poggio; frattanto entriamo un poco d’ombra…
..e tosto la usciamo a biscottarci…
Ora la traccia cala decisa e mena di netto verso destra (sud, senso di marcia), e Pedra Longa s’è accosta, ‘sì come il blue pèlago…
Un sorso d’ombra regalato da un ciuffo a ginepri; lugubri un poco amichevoli tuttavia ci sorridono sardoniche le teschie pendule di non so quai quadrupedi…
…mentre occhieggiano fico d’india e scafi nella fetta squisita di mare…
Ancora due passi e incrociamo la debole portata idrica di Rio s’Erriu Mortu, comunque buona per attenuare la canicola e infrescare la bandana…
Ora il sentiero sfila pianeggiante verso Pedra Longa; uno sbalzo ci separa dal’agognato piano acqua…
Tosto sul cammino ci zampettano incontro dei rustici majali selvatici, che ristanno guardinghi al nostro incedere…
Mamma scrofa mette il cipiglio difensivo smettendo invero il piglio aggressivo; porcelli polputi eppure magri e asciutti, bellissimi. I cuccioli d’incredibile dolcezza, uno dei quali tra il biondo e il fulvo, emettono borborigmi d’acuta frequenza ‘sì come sonagli squeeze d’ultima generazione. Ancor prima che noi, si fanno i porci da parte con gentilezza, cedendo cortesemente il passo…
Adusti d”arsura eppure madidi a sindone, ponderiamo che urge un tuffo in mare, ‘sicchè rinunciamo a raggiungere Pedra Longa e seguiamo a sinistra un’incertissima traccia che diparte dal sentiero e si caccia fra cespi e roveti griffanti a valle. Pochi minuti e lo sbalzo è smontato, previa smottata conclusiva tra le coscia terrose d’un canalino. Perveniamo al pèlago difeso da una striscia di sassi tondi che rattamente superiamo e ci tuffiamo in acqua. Bellissimo. Un’ora e mezza circa dal Coile Dus Piggius. Segue panino e sollazzo marinaro, in solitudine invero non più piena; l’antropia viene dal mare a mezzo scafo…
Pausa meritata ma breve. Riteniamo bastevole il bagnetto e la vista quinci di Pedra Longa senza recarvisi, ‘chè vogliamo gustarci la solitudiness e siamo certi che colà sia pieno di genti. Nondimeno la salita si farà sentire, poi ci tocca il segmento in bici, benchè perlopiù declive; fra l’altro non è prestissimo e vogliamo arrivare pronti e lindi per la cena, che già sappiamo deliziosa. ‘Sicchè torniamo su. Il percorso sarà lo stesso a ritroso, pertanto nol racconterò; solo pubblico qualche scatto con luce altra, e pochi commenti contestuali. Risalendo, un bel colpo d’occhio su Punta Ginnircu, e l’evidenza di percorso della Cengia Giradili, che siamo procinti a rimontare…..
Abbaia la canicola e morde, ‘sicchè i porcelli addensano l’unico spazio d’ombra, più confidenti di prima…
Ciao Pedra Longa, ma ci saluteremo anche poscia…
…fico il fico d’india che cactaceo scruta l’orizzonte…
Rimonta ora serpiginoso il sentiero la china; fa un caldo bestia, il sudore mi punge gli occhi…
…epperò salendo vieppiù li deterge per meglio nettare lo sguardo sulla Grande Bellezza…
Rimontato lo sbalzo riparte la cengia; un colpo d’occhio turchino alle spalle…
…fermo il passo nel metro cubo d’ombra e fo cucù alla Pedra…
…e la cengia sfila ora deliziosa in lieve pendenza; Pensare coj Piedi si fa ora buona e sollazzevole pratica, mentre l’olezzo d’elicrisio eccita le froge…
..e il sole imbiondisce la Fra biscottando il versante secato dalla cengia, mentre l’ombra tiene in fresco l’opposto…
in quella uno strepito di smottace franamento ci cruccia un poco, e sentiamo prima belare ovini poi berciare pastori; per assurdo il senso di solitudine si fa più acuto ‘sì come il sapore d’arcadia; eccoci uscire la cengia varcandone la porta; arrivederci, è stata una viandanza lussureggiante…
Vagoliamo verso il coile Dus Piggius, e prima di raggiungerlo buttiamo un occhio vespertino sulla passeggiata di croda marina e il blu…
..e sull’ardita iscala ‘e fustes pendula in seno alla parete…
E arriviamo al coile, due ore circa dopo aver lasciato il mare. Siamo adusti di sole ma in piena sindone sudaria. Un saluto alla dolcissima miniatura cagnola che questua coccole in disperata tenerezza; tuttora mi capita di sognare questo sguardo rorido…
Inforchiamo le bici e a ritroso calchiamo gli sterrati fino alla provinciale, che regalerà una saporosa discesa nell’olimpo dei profumi mediterranei. Doccia, cena deliziosa e sonno sodo benaugurato da una facezia di stelle.
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CALA MARIOLU (Ispuligidenie)
Punto di partenza: Località Piredda, altopiano di Golgo; dalla chiesetta di S.Pietro si procede sulla sterrata in direzione Cala Sisine (nord); dopo circa 1,5 km, in prossimità del Nuraghe Orgoduri si svolta a destra (est) seguendo le indicazioni per Ispuligidenie (cartello in legno)
Tempi: 2 ore circa la discesa, 3 ore circa la risalita
Dislivelli: 600 mt circa discesa e salita;
Difficoltà: EE (per escursionisti esperti); magnifico, avventuroso percorso su tracce poco e mal segnalate, prima per comodi tratturi, poi su campi solcati e infine su terreno ripidissimo, accidentato, sdrucciolevole; qualche sbalzo roccioso che richiede pochi passi di facile arrampicata non esposta (I grado), peraltro rudimentalmente agevolata da fili metallici e malconci spezzoni di cavo. Si calcano splendide scricchiolanti iscale ‘e fustes per superare paretine rocciose verticaci. Da ultimo si perviene a mare lungo un sistema di brevi cenge in modesta esposizione, raccordate da rustiche scale lignee. L’ambito selvaggio e impervio, il pestato scorbutico e la sfrontata ripidezza richiedono attitudine ai terreni spettinati e determinazione per la risalita. Per fortuna lo sviluppo del cammino è in gran parte umbrato. Saporoso terreno di gioco escursionistico, la plaga che ospita questo arcaico percorso di carbonaj è di una bellezza naturale stupefacente, ove la Croda e il mare si amano con sicerità in un profluvio di magico senso mediterraneo. N.B: l’unica segnalazione di percorso presente al tempo era quella del cartello che stacca dalla carrareccia principale, pertanto, su consiglio dei gestori del Rifugio Goloritzè, dai medesimi ci facemmo compilare una sintetica mappa d’orientamento; le tracce talvolta incerte sul percorso potevano generare confusione e incertezza, e smarrirsi in quel contesto potrebbe far diventare l’escursione avventurosa oltremodo; semmai prima d’intraprenderla chiedete lumi e, perchè no, nel caso la segnaletica fosse oggigiorno ancora così precaria, fatevi disegnare una sintetica mappa dai rifugisti pure voi!
Quivi la mappa; in giallo il nostro percorso, anche laddove combaciante con il tracciato in rosso della cartina originale
Cielo e borborigmi da temporale imminente. ‘sicchè prima d’avventurarci per Cala Mariolu temporeggiamo con il breve sentiero per la Faccia Litica, che diparte proprio dallo steccato del Rifugio, e colà indicato. Il cammino indugia fra cespi di lentisco e massi basaltici, poi perviene a uno sbalzo roccioso che viene smontato tramite una magnifica iascala ‘e fustes, che si presenta deliziosamente così… La Fra mi coglie da basso per valorizzare il mio coordinato cromatico e la peculiarità dell’infrastruttura…
A un dipresso della base rista ieratica la Faccia Litica, basaltica scultura naturale o manufatta alta una decina di metri; il cipiglio tipico dell’alieno stupisce alquanto…
Taluni sostengono la naturalità del pezzo, talaltri propendono per la cultura materiale nuragica, i cui protagonisti colonizzarono l’altipiano nell’età del bronzo (1500 A.C.)…
..proporzioni…
..e sproporzioni…
Nume tutelare o simpatico sassone, il pezzo è assai suggestivo, ‘sì come la plaga selvatica che sa d’ovino e lo ospita. Torniamo al Rifugio convinti da un bercio feroce di cinghiale, nondimeno dalla spioviggine. Inforchiamo la bici, pigliamo lo sterrato che indugia verso nord seguendo le indicazioni per Cala Sisine. Dopo circa un chilometro e mezzo perveniamo alla deviazione a destra per Ispuligidenie, verticalmente segnalata da ligneo cartello (scatto rubato al ritorno)…
Percorriamo dueruote ancora qualche centinaio di metri a sterrato malconcio fino ad un ovile con spiazzo sulla destra. Ci spingiamo su per circa un quarto d’ora, e perveniamo in località nota sulle carte come Piredda, sedime d’uno spiazzo sterrato. Leghiamo le bici a un simpatico leccione sen’indurgli nocumento. Quinci pigliamo il sentierino sulla destra, e dopo cinque minuti lo molliamo in favore d’una traccia che diparte a destra vieppiù, sommariamente indicata con pietra bianca. Saliamo la rampa collinare mentre il sentiero si fa via via più ripido; l’ambiente pare più alpestre che marino, con tanto di bruma fredda…
A un tratto incrociamo i segni rossi del Selvaggio Blu, e se ben ricordo il nostro cammino sembra confluirvi, sicchè li seguiamo, piegando a sinistra e sostenedo passi su roccette d’elementare rimonta. Perveniamo così a due vecchi ovili abbandonati, i Coiles de s’Arcu ‘e su Tasaru; luogo di grande suggestione…
In quella c’imbattiamo in quattro escursionisti a riposo. Come da mappa manoscrittaci dai gestori del Rifugio Golritzè passiamo fra i due ruderi di coile, seguendo una traccia cattiva e incerta, che sale verso nord tra cespi e campi solcati, puntando alla cresta di Serra ‘e Lattone. Siamo a quota 560 mt, il Selvaggio Blu dovrebbe correre sul filo, noi ci manteniamo poco sotto seguendo la traccia; un curioso indicatore lugubrillo…
ora il pestato si fa più evidente qual sassosa mulattiera (scatto rubato al ritorno)…
Poi la via si spettina di nuovo e cala spicciativa; le nebbie fanno alpe, ‘sì come la brezza mordace; l’ambito è rudemente selvaggio, benchè ora meno solitario per via degli escursionisti che dividono il cammino con noi…
Girato un contrafforte poco pronunciato erompe bellissimo e ora spettrale quest’arco naturale scolpito in calcare…
…mentre in fondo all’abisso di destra occhieggia tra la nebbia il mare…
Una banca sassosa difende l’accesso al monumento; in quella una prima iscala ‘e fustes con sedime roccioso agevola il superamento in costa d’uno sbalzo…
Retrospetiva; passaggio molto suggestivo…
La traccia si mantiene a monte dell’arco in luogo di passarvi, e varca uno stretto intaglio mediante una deliziosa porticciola Hobbit design in ginepro…
…una magnifica finestra sul vacume di cielo e mare, in lucor crepuscolare…
La Fra bussa e passa, alla maniera di Frodo…
Di là tutto precipita. La voragine di bellezza verticale risucchia lo sguardo stupefatto del terz’occhio portandoselo in un tuffo a mare. Rubiamo lo scatto al ritorno, che rende meglio l’idea. Un corrusco abisso di calcari, sugheri, ginepri e lentisco che al mare va per tornare all’alpe…e così dovremo fare noi, assecondando la verticacia della plaga…
Appena varcato il cancello un filo di ferro mancorrente malconcio agevolava l’accesso a una a bellissima iscala ‘e fustes, che facilita e protegge la smonta d’un salto roccioso strapiombante…
…e splendidamente panoramico, malgrado la nebbia…
L’iscala poi asseconda lo spigolo e diviene ‘sì come una cengia pendula sul vuoto, tenuta da pali confitti alla base dello sbalzo; una meraviglia…
La sequenza della mia discesa; l’opera è deliziosamente sonora di scricchioli e cigolii, sussulta un pizzico d’ondulatorio al mio passaggio e profuma di bello…
La meraviglia d’intreccio a ginepri…
…e un colpo d’occhio retrospettivo dell’arcana infrastruttura, con tanto d’Arco; incantagione…
Pochi passi ancora in pendenza via via pronunciantesi..
.Quinci si butta la traccia scapicollando nel bosco dritto, talvolta serpiginosa per mitigare la scivolosa, acuta ripidezza. Si perde quota molto rapidamente, e spesso è opportuno aggrapparsi agli arbori per non sdrucciolare oltremodo; i pilastri calcarei a destra e a manca rendono l’idea del contesto verticace, pendulo, selvaggio…
Si perviene poi a uno stretto canalino roccioso da smontare, pochi metri verticali di I grado con spezzoni qua e là di cavo allora malconcio…
…e ceppi di ginepro in guisa gradinatoria…
Segue poi ravanata podale di un quarto d’ora; in quella s’aprono squarci tra le fronde…
La traccia è incerta ma certamente asseconda in picchiata il pendio boscoso, il quale tosto interrompe un momento la sfuriata su di una cengia friabile, talvolta protetta da ligneo parapetto, che ospiterà più chiaramente la traccia verso sinistra (scendendo); a destra la traccia per Cala Gabbiano era interrotta e interdetta da un taglio di ginepri a sbarramento…
Il cammino perde quota con più gradualità e trova ora sedime su comoda bancata di sassi premuti; l’acqua fa gola…
Poi la via torna cengia; in quella ecco il primo colpo d’occhio su Cala Mariolu, la nostra meta; malgrado i piovaschi e l’uggia i battelli hanno già scaricato parecchi turisti sull’amena piaggetta …
La cengia si espone un poco e si restringe fino ad esaurirsi in parete, laddove una corta scaletta di legno deposita su altra cengia che sottana diparte in parallelo…
..scatto rubato al ritorno, col sole…
La cengia marina indugia poi brevemente a manca; nei punti più delicati era presente un parapetto d tronco. In corrispondenza della sua estinzione si cala al piano di sotto- difeso da un salto roccioso strapiombante di circa 8 metri- mediante una simpatica scala di legno bella ritta…
Il passaggio è molto suggestivo…
Al piano la traccia prosegue a sinistra (nord, sempre nel percorso discesa) su cengia ulteriore, sassosa e friabile, ma non problematica e di modesta esposizione, fino a una minuscola selletta…
..varcata la quale siamo arrivati, dopo circa due ore di cammino dalla partenza….
Ebbene, dicevamo malgrado la luce sbiadita dall’uggia, il sole non pervenuto e il susseguirsi continuo di battelli che vomitano centinaja di trepidanti turisti sull’arenile, la plaga è favolesca, l’acqua d’un turchino commovente…
Un occhio alla poderosa croda marina donde siamo calati…
..e ancora un tuffo nel glauco pelago, che sciaborda sulla spiaggia composta di frantumi sassei d’eburnea tinta, le Ispuligi de nie, appunto le “pulci di neve”. Il ramato calcareo della roccia infiamma lo sfondo…
Torna intanto a far pioviggine, poi tosto un acquazzone temporalesco. Facciamo il bagno, troviamo uno spiazzo franco di bagnanti, mangiamo il panino e dormiamo un poco. Qui…
Fuor di stagione, in tarda primavera questa plaga dev’essere paradisiaca. Sono davvero poche le persone che s’avventurano per il selvaggio, faticoso e intricato accesso via terra per la Cala, nondimeno del tutto sconosciuto ai più. Invero via mare arrivano le orde, prima caricate poi qui scaricate da scafi tracimanti d’omeni, che salpano perlopiù dalle accoste località balneari attrezzate. Cala Mariolu vede così vulnerato il suo spazio vitale, con il rischio di vedersi svaporare la propria tenera bellezza. Per il ritorno propongo un rapido fotoracconto e pochi commenti. La scala…
La mia pinguedine, con omaggio dell’ abbronzatura da biciclaro…
…dettaglio cartesiano di tronchi e rami…
Risalita la scala, uno sguardo dalla cengia con saluto al sole, che finalmente ha vinto la timidezza, e alla caletta, prima zoomato…
poi naturale, per indagare il pregevole contesto mineralvegetale che protegge la cala…
…passeggiata di croda marittima…
La risalita della scarpata. Fatica bestia, caldo mordace. Fagocitati dalla vegetazione mediterranea, per fortuna umbrati. In centrosinistra si riconosce il nostro arco; là dobbiamo arrivare, mentre in centrodestra ne occhieggia un altro, prima non scorto per via della nebbia…
ambiente verticace. Crode marittime…
Il più è fatto; siamo al canalino…
Rieccoci alla magnifica iscala, con la Fra che la rimonta…
..e al mio passaggio essa freme ancora, mentre la nebbia scala le crode nuragiche…
L’altra iscaletta misto sassi…
Ciao Arco, sarebbe carino reicontrarsi; peccato la nebbia faccia solo palpare senza mostrarlo il mare…
Tuttavia sotto la cresta di Serra ‘e Lattone essa fumiga, filtra il sole e il mare; prima eravamo laggiù, ora questo Supramonte intona il suo canto selvatico…
Con tutta calma perveniamo alle bici. Poi un pasto lauto e delizioso a base di porceddu, culurgiones, piatto di terra; una favola. Domani torneremo a inforcar le bici per Arbatax, e quinci verso il rustico, adusto entroterra mirando alla costa iglesiente. Ciao Supramonte, ciao Golgo….è stato meraviglioso; il profumo d’elicrisio ancora mi eccita le nari, al solo scriverne.
Alla prossima!
Yoyodel